Dante Alighieri, la Divina Commedia e il suo messaggio per l’oggi. Papa Francesco, con la lettera apostolica Candor Lucis aeternae - resa pubblica oggi, nel giorno dell’Annunciazione e del Dantedì -, offre numerosi spunti di riflessione sul Sommo Poeta, nel settimo centenario della morte. Un documento molto articolato, come merita questo “profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”.
Sul ruolo centrale di Dante, nel cammino di ogni individuo, sono intervenuti diversi predecessori di papa Francesco, come Benedetto XV, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e questa attenzione della Chiesa non può certo stupire in quante Dante “molto meglio di tanti altri, ha saputo esprimere, con la bellezza della poesia, la profondità del mistero di Dio e dell’amore”.
Particolarmente significativa l’espressione che fu utilizzata da papa Paolo VI: “per un diritto particolare, nostro è Dante! Nostro, vogliamo dire della fede cattolica, perché tutto spirante amore a Cristo; nostro perché molto amò la Chiesa, di cui cantò le glorie; e nostro perché riconobbe e venerò nel Pontefice Romano il Vicario di Cristo”. Una prossimità che, riconosceva san Paolo VI, “non esime la Chiesa dall’accogliere anche le parole di critica profetica pronunciate dal Poeta nei confronti di chi doveva annunciare il Vangelo e rappresentare non sé stesso ma il Cristo”.
Lo sguardo profondo del poeta fiorentino, anche sulle note stonate, non compromise mai la sua fede e il suo attaccamento alla Chiesa ed anche questo è senz’altro un esempio prezioso per l’oggi, per il superamento delle quotidiane contraddizioni ravvisabili anche all’interno della stessa Chiesa.
Del resto la Divina Commedia rappresenta le difficoltà del cammino, in un’affascinante sospensione tra il quotidiano e l’ideale, tra il peccato e l’elevazione. Un “trasumanare”, sottolineò Giovanni Paolo II, “fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dell’umano non distruggesse il divino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell’umano. Per questo il Poeta lesse giustamente la propria vicenda personale e quella dell’intera umanità in chiave teologica”.
Papa Francesco, dunque, offre nel documento numerosi spunti di riflessione, a partire dalla vita di Dante con le note vicende politiche e giudiziarie, l’esilio, le delusioni dinanzi alle quali - scrive papa Francesco - “il Sommo Poeta, pur vivendo vicende drammatiche, tristi e angoscianti, non si rassegna mai, non soccombe, non accetta di sopprimere l’anelito di pienezza e di felicità che è nel suo cuore, né tanto meno si rassegna a cedere all’ingiustizia, all’ipocrisia, all’arroganza del potere, all’egoismo che rende il nostro mondo «l’aiuola che ci fa tanto feroci».
Esperienze che lo fanno diventare profeta di speranza, tanto che “nella missione profetica di Dante - sottolinea ancora Bergoglio - si inseriscono anche la denuncia e la critica nei confronti di quei credenti, sia Pontefici sia semplici fedeli, che tradiscono l’adesione a Cristo e trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando lo spirito delle Beatitudini e la carità verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza”.
Uno sguardo che rende irrinunciabile l’approdo alla verità, “la risposta ai perché dell’esistenza”, tanto che “l’itinerario di Dante, particolarmente quello illustrato nella Divina Commedia, è davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e interiore di cambiare la propria vita per poter raggiungere la felicità e così mostrarne la strada a chi si trova, come lui, in una ‘selva oscura’ e ha smarrito ‘la diritta via’”.
Ecco che Dante mostra come la libertà sia condizione fondamentale delle scelte di vita e della fede, confidando sempre nella certezza di incontrare la misericordia di Dio che “offre la possibilità di cambiare, di convertirsi, di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicità”.
Un cammino che dalla “selva oscura” si fa man mano luce: “Il mistero dell’Incarnazione, che oggi celebriamo - si legge nella lettera apostolica -, è il vero centro ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il poema. In esso si realizza quello che i Padri della Chiesa chiamavano ‘divinizzazione’, l’admirabile commercium, il prodigioso scambio per cui, mentre Dio entra nella nostra storia facendosi carne, l’essere umano, con la sua carne, può entrare nella realtà divina, simboleggiata dalla rosa dei beati”.
Papa Francesco indica poi altre importanti caratterizzazioni della Commedia dantesca, ovvero l’impronta mariologica e la presenza significativa di tre donne: Maria, Madre di Dio e figura della carità; Beatrice come simbolo di speranza; santa Lucia, immagine della fede.
Una particolare sottolineatura riguarda la presenza di Francesco d’Assisi, sposo di Madonna Povertà e spirito sapiente. “C’è una profonda sintonia - scrive il Pontefice - tra San Francesco e Dante: il primo, insieme ai suoi, uscì dal chiostro, andò tra la gente, per le vie di borghi e città, predicando al popolo, fermandosi nelle case; il secondo fece la scelta, incomprensibile all’epoca, di usare per il grande poema dell’aldilà la lingua di tutti e popolando il suo racconto di personaggi noti e meno noti, ma del tutto uguali in dignità ai potenti della terra. Un altro tratto accomuna i due personaggi: l’apertura alla bellezza e al valore del mondo creaturale, specchio e ‘vestigio’ del suo Creatore. Come non riconoscere in quel «laudato sia ’l tuo nome e ’l tuo valore / da ogne creatura» della dantesca parafrasi al Padre Nostro (Purg. XI, 4-5) un riferimento al Cantico delle creature di San Francesco?”. Sino ad arrivare ai momenti salienti della vita del Poverello che raggiunge il suo apice con le stimmate e la conformazione a Cristo.
Ecco che Dante, se ascoltato, assume una forte valenza nella nostra quotidianità, per superare le tante selve oscure, per proseguire il nostro viaggio verso la felicità e verso il traguardo di un umanesimo che non ha perso di attualità nel corso dei secoli. La figura di Dante “può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere - conclude papa Francesco -, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, «l’amor che move il sole e l’altre stelle».
(Elisabetta Lo Iacono)
Pubblicata il: 25 Marzo 2021
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