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Il pianeta che speriamo

Pubblicata il:  7 Giugno 2021



La rubrica #Tuttoèconnesso di San Bonaventura informa, ospita una riflessione di Giuseppe Notarstefano, nuovo presidente dell’Azione Cattolica.

«“Il mondo esiste per tutti” (FT 118). La consapevolezza di appartenere ad un ecosistema dove “tutto è connesso” e si manifesta come un intreccio di complesse e delicate interazioni tra viventi e nonviventi, ma dove ogni singolo gesto e azione dei viventi ha un impatto notevole nella possibilità di esistenza di tanti altri esseri viventi è per i credenti una fonte inesauribile di mistero, in primo luogo da contemplare e per cui ringraziare (LS 12), per poi prenderne consapevolmente parte assumendo in pienezza il compito di contribuire in modo armonioso a tale equilibrio.

Scienza, arte, tecnica, poesia, musica e tutte le altre meravigliose espressioni della creatività umana possono agevolare il cammino dell’umanità in tale direzione, così come la politica può divenire uno strumento prezioso per dotarsi di regole e strumenti organizzativi di una maggiore possibile inclusione e partecipazione di ogni singola persona a tale processo.

Il “pianeta che speriamo”, tema che è stato posto al centro della 49ª Settimana Sociale dei cattolici in Italia in programma dal 21 al 24 ottobre a Taranto, corrisponde ad una visione profetica, annunciata dalle Scritture e accolta con grande gioia e passione dalla Chiesa che ne ha fatto un motivo di continuo impegno pastorale e sociale. Siamo consapevoli delle tante ferite e drammi che percorrono e attraversano le vie del mondo e le vite delle persone oggi, e pertanto in primo luogo è fondamentale condividere tali sofferenze che spesso diventano domande pressanti ed urgenti che invocano cambiamento, trasformazione e che “pretendono” conversione.

La terribile pandemia, che dal 2020 ha causato tantissime morti e altrettante sofferenze sociali, è una grande provocazione per tutte le organizzazioni e le istituzioni nei diversi paesi e nelle diverse culture. La risposta stenta ad essere comune e condivisa, ed invece dovrebbe esserlo: perché “nessuno si può salvare da solo” e perché la connessione, accelerata e per certi versi strumentalizzata da un modello economicista di globalizzazione del mondo, ci costringe a fare i conti con il comune destino della terra e dell’umanità che vi abita». (G.N.)


 
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