La comunità accademica della Facoltà Teologica San Bonaventura ha commemorato il santo, di cui porta il nome, per i 750 anni dalla sua morte. Alla figura del maestro e ministro originario di Bagnoregio è stata dedicata una mattinata di studio il 14 novembre; la prolusione è stata tenuta da padre Pietro Maranesi, presentato dal preside Raffaele Di Muro con autentica stima, sottolineando la sua vasta competenza in teologia e francescanesimo.
Padre Pietro è autore di numerosi volumi su frate Francesco e anche su Bonaventura, di cui ha tracciato, in breve, la vita e poi, attraverso una sintesi impeccabile, le due tappe che ne hanno segnato la vita: il magistero, come professore a Parigi e la guida dell’ordine, ricordando che la nomina a ministro generale durò ben 16 anni!
Con la sua relazione intitolata appunto: “Bonaventura maestro e ministro: sottolineature sul suo dialogo con la cultura, in quanto maestro, e la vita minoritica, in quanto ministro”, ha provato a tracciare un collegamento tra le due anime del santo facendone emergere i punti in comune. Una delle caratteristiche messe in luce è stata la volontà di Bonaventura di dialogare costantemente sia all’interno del suo ordine che all’esterno, con uno sguardo, da un lato, lucido e analitico, e dall’altro mistico.
Come maestro ha cercato la “mediazione dell’unità del sapere cristiano” attraverso, appunto l’et et, la comunione, l’atteggiamento propositivo più che oppositivo, utilizzando come strumento l’intelletto. Per Bonaventura l’intelletto che riesce a ricongiungersi con il cuore, trova la sua pienezza nella sapienza (dal latino volgare sapere, richiama il sapore, il gusto, quindi è una facoltà che interpella tutto l’uomo).
Come ministro generale ha provato a risolvere una situazione, all’epoca, complessa in cui si trovava l’ordine: da un lato ha valorizzato la diversità che si completa, dall’altro ha evidenziato nella figura del frate fondatore, sia il modello da cui farsi ispirare, che il fondamento, il referente per contrastare le critiche nei confronti proprio dell’ordine francescano.
In definitiva: “Bonaventura è l’uomo del dialogo per integrare la complessità dell’uomo e la frammentarietà del reale verso quell’unità che fa della verità, cercata con intelligenza, una esperienza saporosa, o sapienziale, bella e buona”. Bonaventura è un uomo bello perché ha tentato di dare risposte alle criticità del suo tempo attraverso il Vangelo e l’intelligenza. Credere al bello, nutrirci del bello, ci permette di sognarlo e renderlo possibile, e noi abbiamo bisogno di bellezza.
La mattinata si è conclusa con la celebrazione liturgica, presieduta da padre Tomasz Szymczak, il quale ha sottolineato, nell’omelia, la terza “m” legata alla figura di san Bonaventura: la “m” di mistico, oltre a quello di maestro e di ministro. Bonaventura ha avuto come punto di riferimento la relazione con Dio, la sua amicizia, ed è da questa relazione che sono scaturite tutte le opere buone, e belle, da lui compiute. Dunque, la sua bellezza ha una fonte divina a cui può, anzi dovrebbe, attingere ognuno di noi.
Anna Ersilia Gigante
Pubblicata il: 15 Novembre 2024
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