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San Giuseppe e Il senso della paternità

Pubblicata il:  19 Marzo 2021



Nel giorno in cui la Chiesa ricorda san Giuseppe, proponiamo un articolo di San Bonaventura informa, a firma di fra Guglielmo Spirito, nel quale si evidenzia come padri non si nasce ma si diventa nel momento in cui ci si prende cura della vita di un altro. Un approfondimento sulla figura di san Giuseppe e sulla Lettera apostolica di papa Francesco Patris corde, per il 150° anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale.

«Ogni essere vivente ha bisogno di un ecosistema speciale: un bambino ha bisogno di un ambiente favorevole per la sua crescita, non soltanto un ambiente sano dal punto di vista ambientale (un tetto, riscaldamento, vestiti). Ha bisogno prima di ogni cosa di una madre e di un padre; poi, del resto. L’ecosistema è tutto quanto permette di crescere e di interagire con il medio ambiente, quello che consente di irrobustirsi, fiorire e fruttificare. Il padre ha il compito di garantire, coltivare e custodire un ecosistema adatto alla crescita del figlio: dal punto di vista fisico, emotivo, intellettuale, spirituale.
C’è una tenerezza che si declina al maschile, che è diversa (e complementare) alla tenerezza femminile; entrambe plasmano il bimbo che cresce, avvolgendolo in modo vitale, vivificante. Dice papa Francesco che “Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: ‘Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono’ (Sal 103,13)”. “La storia della salvezza si compie ‘nella speranza contro ogni speranza’ (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza”. […]

Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti. Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre. Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri [qui si aprirebbe un ventaglio enorme: dalla paternità spirituale dei padri del deserto (cf. gli studi di Irénée Hausherr, Gabriel Bunge, Tomas Špidlik ed Elia Citterio), alle figure paterne recentissime, come un don Oreste Benzi…].

Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita». A fondo perduto…

“Lo scopo di questa Lettera Apostolica è quello di accrescere l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio”». (G.S.)
 
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