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Dante e i Francescani

Pubblicata il:  9 Aprile 2021



“Dante nostro”, il sommo poeta e il rapporto con i francescani è il tema affrontato in San Bonaventura informa da fra Maurizio Bazzoni, frate minore conventuale, delegato della Provincia Italiana di Sant’Antonio di Padova per il VII centenario della morte di Dante Alighieri.

«Il 4 settembre scorso, a Ravenna, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, è stato inaugurato il VII centenario della morte di Dante Alighieri che proprio in quella città, tra il 13 e 14 settembre 1321, “nel dì che la esaltazione della Santa Croce si celebra nella chiesa” (per dirla con il Boccaccio), terminò il suo viaggio terreno, là dove aveva portato a compimento quello poetico. Tante le iniziative che, non solo nel “bel paese là dove ‘l sì suona” (Inf. XXXIII 79-80), si propongono per celebrare questo anniversario.

Lo stesso papa Francesco ha pubblicato la Lettera apostolica
Candor lucis aeternae in continuità con Benedetto XIV per il centenario del 1921 (enciclica In praeclara summorum) e con san Paolo VI per quello del 1965 (lettera apostolica Altissimi cantus).

Certamente tali iniziative sono fortemente condizionate dall’attuale situazione pandemica (tanto che da qualche parte si sta pensando di prorogare il centenario a tutto il 2022), ma da quello che rimbalza sui social si riesce comunque ad avere un’idea della molteplicità di proposte che, in un modo o in un altro (dalle letture accademiche alle iniziative dell’industria gelatiera), hanno come riferimento il Poeta “nostro”.

Sì, nostro. Almeno così ce lo hanno “consegnato” gli ultimi due pontefici citati: «Nostro, vogliamo dire della fede cattolica, perché tutto spirante amore a Cristo; nostro perché molto amò la Chiesa, di cui cantò le glorie; e nostro perché riconobbe e venerò nel Pontefice romano il Vicario di Cristo» (Altissimi cantus).

Ma anche “nostro”, cioè del movimento francescano. Al dì là del fatto che fosse stato o meno membro del Terz’Ordine o, come qualcuno ipotizza, addirittura novizio del Primo (per il riferimento alla corda di cui si dice cinto in Inf. XVI 106), è innegabile la sua conoscenza e anche il suo affetto per san Francesco, ma anche per la tradizione del pensiero francescano – senz’altro acquisita a cominciare dalla frequenza della scuola di Santa Croce – e ovviamente di san Bonaventura sulla bocca del quale, nel XII del Paradiso, mette l’elogio di san Domenico (come nel canto precedente aveva affidato a san Tommaso quello di san Francesco). Un affetto che, quasi paradossalmente, possiamo riconoscere proprio là dove egli non risparmia allo stesso ordine francescano aspri rimproveri». (M.B.)


 
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